IL MEMORIALE ITALIANO DI AUSCHWITZ
di Diego Repetto
Tracce di Memoria
Attraverso la videoinstallazione dell’artista Joachim Seinfeld, in occasione della XIII edizione della rassegna SEGRETE Tracce di Memoria – Alleanza di artisti in memoria della Shoah, si viene spinti a riflettere sul paradosso di come sia possibile che determinati luoghi della memoria, simboli e teatri di atroci eventi in passato, vengano vissuti alla maniera dei siti turistici, in cui le persone si cimentano in selfie per documentare la loro visita.
Ciò che ha dato il via alla ricerca iconografica di Seinfeld è il presunto cinismo velato dietro ai sorrisi delle persone ritratte. Si tratta di comportamenti che si fondano su una mancanza di rispetto alla memoria delle vittime del campo? Oppure con il tempo si è attenuata una sensibilità del pubblico nei confronti dell’Olocausto?
Probabilmente con l’avanzare del tempo e la conseguente scomparsa dei testimoni di quegli anni bui, si sta perdendo un’importante traccia di memoria dell’umanità.
Ecco che diventano fondamentali i memoriali, il cui ruolo è quello di commemorare la storia e le vittime, per non dimenticare mai. Già a partire dal 1946 l’architetto Lodovico Barbiano di Belgiojoso, co-fondatore dello studio di architettura BBPR, deportato ai campi di Fossoli, Bolzano, Mauthausen e Gusen, per esorcizzare la tragedia vissuta progetterà e costruirà molti memoriali in ricordo della deportazione, tra i quali:
– il Monumento in onore dei caduti milanesi al cimitero monumentale di Milano (1946);
– il Memorial in onore dei caduti a Gusen in Austria (1965);
– il Museo monumento al deportato politico e razziale a Carpi, Castello dei Pio (1973);
– il Memorial italiano ad Auschwitz in Polonia (1980);
– il Memorial italiano a Ravensbrück in Germania (1982);
– il Monumento al deportato a Sesto San Giovanni, Parco Nord Milano (1998).
I memoriali progettati dallo studio BBPR diventano amplificatori di emozioni, in alcuni casi vere e proprie opere di land art, che si inseriscono nel paesaggio, in cui l’architettura dialoga con il contesto e lo arricchisce di elevati valori morali, in altri camere immersive, coinvolgendo l’osservatore da un senso di unicità spirituale del momento che sta vivendo.
Molti sono gli esempi che coinvolgono a più livelli il mondo dell’arte, dell’architettura, della scienza e del paesaggio e la percezione umana, a titolo esemplificativo si cita l’artista danese contemporaneo Olafur Eliasson, noto per aver esposto nel 2003 alla Tate Modern di Londra l’installazione The Weather Project.
Il pensiero di Eliasson è bene espresso nel libro Olafur Eliasson. Colour memory and other informal shadows (Eliasson, 2007:21): «In architettura e nelle arti spaziali c’è stata una progressiva comprensione del fatto che “un punto di fuga” totale ed esterno (al corpo), inteso come traguardo o opinione comune su un parco (o sulla società), è andato scomparendo, lasciando la possibilità di elevare ad un più alto livello un punto di fuga interno o personale. Possiamo per ciò relazionarci più facilmente con lo spazio basandoci su ciò che chiamo punto di vista prospettico ribaltato.
Dal momento che un punto di fuga interno o personale non potrà mai essere uguale ad un altro – trovandosi in ciascuno dei diversi utenti – allora può essere preso in considerazione un livello più alto di esperienza personale». ¹
Monumento al deportato a Sesto San Giovanni, Parco Nord Milano (1998)
Immagini di Giorgia Santambrogio © urbansigns
Quindi, l’arte è in grado di stimolare elevati livelli esperienziali, permettendo all’osservatore di cambiare il proprio punto di vista, generando nuove consapevolezze e nuovi scenari futuri possibili. Precursore di questo pensiero è stato il team transdisciplinare costituito dallo studio di architettura milanese BBPR, di cui ne facevano parte Lodovico B. Belgiojoso, Enrico Peressutti, Ernesto N. Rogers (cugino del grande architetto inglese Richard Rogers) e più recentemente Alberico B. Belgiojoso, dallo scrittore Primo Levi, dal pittore Mario Samonà, dal regista Nelo Risi e dal compositore Luigi Nono che a partire dal 1979 svilupparono una delle prime opere multimediali europea nella storia dell’arte e dell’architettura contemporanea.
Nel 1980 viene inaugurato ad Auschwitz all’interno del Blocco 21 il Memorial italiano; un’opera fortemente voluta dall’Associazione Nazionale Ex Deportati.
Sollevata da un impalcato e tesa attraverso i vuoti spazi della baracca, una spirale a elica avvolge il cammino del visitatore in un percorso unitario e ossessivo lungo ottanta metri che rappresenta e rievoca la spirale di violenza nella quale i deportati furono travolti.
Attraversandola come in un brutto sogno, si rivivono i momenti della disperazione, della presa di coscienza, della volontà di sopravvivenza e della vittoria sul male.
Mediante un’armatura in acciaio lignea la spirale tende una fascia continua in tela, sulla quale sono rappresentate le immagini del fascismo, dell’antifascismo, della Resistenza, della deportazione e dello sterminio, dipinte da Mario Samonà e commentate dalle parole di Primo Levi.
Dilatata nelle tre dimensioni, scandita dalle viste alterne della baracca e dei dipinti, la spirale ricompone l’incubo doloroso, coniugando spazio architettonico e pittura per trovare una comunicazione immediata e universale. ²
Rende maggiormente drammatica e totalmente immersiva l’esperienza la musica di Nono Ricorda cosa ti hanno fatto in Auschwitz ³ , che salendo dalla passerella accompagna il visitatore.
L’opera all’ingresso presenta una targa scritta da Primo Levi in cui si legge: «Visitatore, osserva le vestigia di questo campo e medita: da qualunque paese tu venga, tu non sei un estraneo. Fa che il tuo viaggio non sia stato inutile,che non sia stata inutile la nostra morte. Per te e per i tuoi figli, le ceneri di Auschwitz valgano di ammonimento: fa che il frutto orrendo dell’odio, di cui hai visto qui le tracce, non dia nuovo seme, né domani né mai». 4
Attualmente il Memorial italiano di Auschwitz è collocato a Firenze presso il centro Ex3. Sperimentando nuovi linguaggi l’installazione immersiva è stata un’opera corale in cui tutte le figure coinvolte hanno generato un corpo denso di significato. Le contaminazioni provenienti da vari ambiti artistici e umanistici, riformulate in un’arte partecipativa, permettono una trasformazione dello spazio, in cui gli stessi visitatori intuitivamente si sentono parte integrante e fondamentale dell’opera.
L’energia nata dalla collaborazione creativa tra BBPR, Levi, Samonà, Risi e Nono e il desiderio di trasmettere la tragedia vissuta viene inevitabilmente trasmessa al pubblico, che ne percepisce la forza espressiva ed emotiva, ancora adesso a distanza di anni.
Ciò che è stato creato è un memoriale e una stanza immersiva esperienziale: un’Architettura del Dialogo che mette in relazione più saperi, stimolando, in tutte le persone coinvolte, dagli autori al pubblico, lo spirito di resilienza, la creatività, il desiderio di migliorare il mondo in cui viviamo evitando di ripetere gli orrori del passato e il rispetto nella sacralità della vita umana. ²
IL MEMORIALE ITALIANO DI AUSCHWITZ – Photo Mirek Hejnicki
¹ AA.VV. (edited by), Olafur Eliasson. Colour memory and other informal shadows, Postmedia Srl, Milan, 2007
² https://www.comune.cinisello-balsamo.mi.it/pietre/spip.php?article468
³ https://www.youtube.com/watch?v=-z-IUbwaMC0
4 https://cultura.comune.fi.it/memoriale
Arch. Diego Repetto
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