Viva la libertà
Il 25 aprile non è più soltanto l’Anniversario della Liberazione. Per estensione, è la giornata in cui è possibile celebrare la libertà di pensiero e di espressione. Mentre brindiamo a che l’arte possa essere sempre LIBERA, ecco la nostra rassegna settimanale di mostre ed eventi alla scoperta della cultura, dell’arte, del territorio.
Gli imperdibili della Settimana
di Alessandra Elle Latini
Io, come molti, ho avuto due nonni che hanno fatto la guerra. E l’hanno fatta in due modi apparentenente contrapposti: uno si è opposto al reclutamento ed è fuggito sulle montagne; l’altro è finito a fare il soldato. I miei nonni non si sono mai malvisti tra loro per le loro diverse scelte: venivano da due zone diverse dell’Italia, e ai loro tempi era un po’ come essere in due Stati diversi. Uno stava al Nord, l’altro al Sud. Uno ascoltava i discorsi di libertà dal fascismo, l’altro viveva in una cultura che di fascismo era permeata, e per lui fare la cosa giusta era rispondere alla chiamata del suo Stato. Ho rispettato entrambi.
Per anni ho vissuto nell’orgoglio del nonno che era stato partigiano, che si era ribellato alla dittatura, senza chiedermi nel frattempo cosa avesse fatto l’altro. Ero una bambina, e non capivo il concetto di guerra civile, mi sembrava di dover essere orgogliosa di avere in famiglia qualcuno che, sprezzante della sua vita, aveva deciso di rendere pubblico il suo dissenso. All’altro nonno non avevo mai chiesto. Quando sono cresciuta ho iniziato a chiedere e a mettere insieme i pezzi. Scoprendo le bellezze e le brutture da una parte e dall’altra, perché di questo si parlava, di guerra civile, di Italiani contro gli Italiani, nella maggior parte dei casi costretti a combattere per obblighi di leva.
Il nonno che andò al fronte, per sua fortuna, finì sul fronte francese. A Bordeaux, dove non avevano manco i soldi per comprarsi il pane, lui e alcuni suoi compagni si levarono le divise e cominciarono a lavorare nelle campagne. Imparò come si fa il vino. Dopo l’armistizio, tornò a casa a piedi dalla Francia con un commilitone napoletano, mettendoci quasi un mese in cui rischiò la vita parecchie volte, perché coloro che prima erano stati alleati, ora erano nemici. Dovettero buttare tutto, non solo le divise, ma anche quelle armi che non avevano mai usato contro nessuno, in Francia: perché se un uomo veniva pescato con un’arma in tasca, anche se in abiti civili, era preso e messo al muro e fucilato, senza troppi complimenti né richieste di spiegazione.
Quanto all’altro nonno, scappò sulle montagne appena diciottenne e si unì ai partigiani. Anche tra loro le cose non erano facili: in guerra civile non è mai tutto oro quel che luccica, ci sono buoni e cattivi dappertutto. Due volte i tedeschi lo misero al muro. La prima volta spararano a lui e ad altri, ma lui non venne colpito per miracolo e riuscì a fuggire. La seconda volta lo presero che era solo e senza documenti e sembrava giunta la sua ora. Fu una ragazza del paese dove si trovava ad uscire di casa sua, trafelata, con dei documenti in mano: li mostrò ai tedeschi, e disse che mio nonno era suo fratello. Lo lasciarono andare. Ogni tanto, durante la mia infanzia, la nonna tirava fuori la foto di questa ragazza e me la mostrava: “Questa ragazza ha salvato la vita al nonno”, diceva. Ai tempi il nonno e la nonna nemmeno si conoscevano, il loro incontro avvenne solo dopo la guerra. Per dovere di cronaca, il nonno, finita la guerra, fu chiamato alla leva militare, e la fece. Per due anni, come si usava allora. C’è una foto che lo ritrae, fiero soldato della Repubblica Italiana.
Così ogni volta che penso al 25 aprile, e a tutte le polemiche che spesso si fanno su questa ricorrenza, io mando un abbraccio ideale a entrambi i miei nonni, che purtroppo non ci sono più rispettivamente da dieci e nove anni. Due brave persone, magari con ideali diversi o semplicemente con culture diverse, che hanno vissuto la guerra idealmente su fronti opposti. Erano le persone comuni che ancora fanno questo Paese, che hanno cercato solo di tornare a casa facendo quello che potevano per preservare quanto avevano di più caro: la loro vita, la loro comunità, le loro famiglie, i loro ideali che spesso non coincidevano con nessun ideale “ufficiale”.
Questo perché in guerra, e ancora di più in una guerra civile, tra la gente comune non esistono ideali giusti o sbagliati: capita che nasci da questa o quell’altra parte e manco te lo domandano, dove preferisci stare.
Io ricordo i miei nonni seduti a tavola a mangiare, ricordo le loro risate, ricordo le loro chiacchiere su questo o quello e mi dico: questo è il senso del 25 aprile. Per questo val la pena ancora di festeggiarlo. È la festa di tutti, perché è il giorno in cui tutti la libertà di pensiero e di espressione ha vinto e a perdere non è rimasto nessuno.
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Roma, Palazzo Bonaparte
Fino al 03/07/2022
Nelle sue opere, Jago utilizza anche elementi tragici in un costante gioco di rimandi, con una visione sempre tesa alle tematiche del presente, suscitando provocatoriamente negli spettatori riflessioni sullo status dei nostri tempi.
A Palazzo Bonaparte la genialità di Jago è documentata per la prima volta in una mostra che riunisce una serie di opere realizzate fino ad oggi, dai sassi di fiume scolpiti (da Memoria di Sé a Excalibur), fino alle sculture monumentali di più recente realizzazione (come Figlio Velato e Pietà), passando per creazioni meno recenti ma più direttamente mediatiche quali il ritratto di Papa Benedetto XVI (Habemus Hominem).
Curata da Maria Teresa Benedetti, la mostra connota gli elementi chiave di un lavoro continuamente in fieri, capace di costante arricchimento.
Palazzo Bonaparte si trasformerà inoltre in uno studio d’artista: durante i mesi di mostra Jago lavorerà alla sua prossima imponente scultura all’interno della sede espositiva.
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Pistoia, Antico Palazzo dei Vescovi
Fino al 08/05/2022
Quando, per volere del vescovo Atto, nel 1140 la reliquia di San Jacopo arriva a Pistoia – inserendo il comune toscano tra le più importanti rotte europee di pellegrinaggio – la città diventa immediatamente un polo economico e artistico internazionale.
Oggi, in occasione dell’anno Iacobeo e sullo sfondo di un capolavoro identitario come l’Altare d’argento di san Jacopo, la mostra MEDIOEVO A PISTOIA. Crocevia di artisti fra Romanico e Gotico illustra per la prima volta lo straordinario panorama delle arti a Pistoia dal XII agli inizi del XV secolo, rivelando il ruolo di primo piano assunto nel Medioevo dalla città nel campo delle arti figurative. Organizzata da Pistoia Musei e curata da Angelo Tartuferi, Enrica Neri Lusanna e Ada Labriola, la mostra si articola negli spazi dell’Antico Palazzo dei Vescovi e del Museo Civico di Pistoia, con un percorso tra oltre sessanta opere tra dipinti, sculture, oreficerie e codici miniati.
Composta da sei sezioni, MEDIOEVO A PISTOIA ha un andamento cronologico che inizia con l’arrivo della reliquia di san Jacopo in città, per passare al Duecento quando Pistoia conquista un ruolo da protagonista nel panorama delle arti figurative internazionali, e poi al Trecento con presenze illustri in città e l’avvio di una forte identità figurativa. Anche nella stagione del Tardogotico, nonostante la perdita di autonomia politica e la definitiva sottomissione a Firenze, la città mantiene nel panorama della pittura toscana tra XIV e XV secolo i suoi caratteri distintivi.
Una mostra che si espande idealmente oltre i confini dei palazzi che la ospitano, nella visione diffusa degli arredi delle chiese e delle collezioni del Museo Civico.
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Torino, Museo Nazionale del Cinema
Fino al 16/01/2023
Il Museo Nazionale del Cinema e Solares Fondazione delle Arti presentano la prima grande mostra dedicata a un maestro del cinema: il regista, sceneggiatore e produttore Dario Argento. DARIO ARGENTO – THE EXHIBIT – ospitata alla Mole Antonelliana – è curata da Domenico De Gaetano e Marcello Garofalo, in omaggio al genio e all’opera del cineasta, visionario maestro del thriller: un percorso cronologico attraverso tutta la sua produzione, dagli esordi de L’uccello dalle piume di cristallo (1970) al suo ultimo lavoro Occhiali neri (2022), recentemente presentato al Festival del Cinema di Berlino nella sezione Special Gala.
Per la prima volta un progetto espositivo compone un completo e articolato discorso visivo sull’immaginario che il regista romano ha portato sullo schermo nel corso del proprio cinquantennale viaggio nei perturbanti territori dell’incubo.
I pezzi esposti provengono dalle collezioni del Museo Nazionale del Cinema, dell’Archivio Fotografico della Cineteca Nazionale – Centro Sperimentale di Cinematografia e di numerosi collezionisti privati, con importanti contributi da parte di professionisti del cinema quali Sergio Stivaletti, effettista di molti film di Argento da Phenomena del 1985 in poi, Luigi Cozzi, stretto collaboratore di Argento fin dagli esordi, Franco Bellomo, Pupi Oggiano, Gabriele Farina e Carlo Rambaldi, uno dei più importanti artisti degli effetti speciali a livello mondiale.
La mostra sarà arricchita da un catalogo riccamente illustrato pubblicato da Silvana Editoriale e da una retrospettiva completa al Cinema Massimo.
La mostra DARIO ARGENTO. The Exhibit è realizzata con il Patrocinio del MIC – Ministero della Cultura.
La Panchina “Bella Ciao”
Davanti al Museo della Battaglia del Senio ad Alfonsine per ricordare la Resistenza
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