CANYALAB: CanyaViva Italia si splitta in due!
di Roberto De Luca
Canya Viva è una pratica di bioedilizia nata intorno al 2005 in Spagna dalle sperimentazioni dell’architetto inglese Jonathan Cory-Wright. Provando a legare insieme le canne costruì un ponte che risultò essere sorprendentemente solido; le canne non erano tagliate come oggi, ma ancora vive nel terreno e da qui iniziò a sviluppare il metodo che è stato poi denominato CanyaViva. La canna mediterranea e il bambù, generalmente considerate invasive, con quest’approccio rivelano potenzialità strutturali ed artistiche. La loro abbondanza e rinnovabilità e le loro proprietà meccaniche offrono la possibilità di utilizzarle come materiale da costruzione, con una libertà espressiva che permette di dare vita a forme organiche e innovative. Ci ispiriamo a queste forme della natura per i nostri progetti e all’idea di creare degli spazi che si integrino con la medesima. Spazi vivi, vitali che trasmettano benessere e armonia nel viverli. Ci ispiriamo all’idea di permacultura e immaginaniamo uno sviluppo sostenibile e sinergico tra uomo e ambiente circostante.
In questo periodo di crisi economica e transizione ecologica, la facile reperibilità e rinnovabilità di questi materiali è una delle chiavi per impattare il meno possibile sull’ambiente senza cementificare suolo nuovo e costruire in maniera sostenibile mentre si rinsaldano i legami umani tramite il lavoro di gruppo.
Il primo nucleo dell’Associazione CanyaViva risale al 2009: negli anni il gruppo ha sviluppato la propria identità eterogenea portando avanti la sperimentazione tecnica e la ricerca artistica, focalizzando il proprio operato nell’ambito dell’apprendistato attivo e della creazione di un modello costruttivo creativo e partecipativo. Questo percorso con la collaborazione della Facoltà di Architettura di Bologna e l’Escuela Universitaria de Arquitectura Tecnica e Ingeneria de la Edificacion de la Universidad Politecnica de Catalunya (UPC), si è giunti a un metodo standardizzato che codifica la scelta della materia prima, la sua classificazione e l’assemblaggio per la creazione di archi strutturali con capacità portante.
Ho avuto occasione di conoscere il gruppo e il loro approccio progettuale nell’estate del 2021; da architetto ed artista ricerco costantemente il modo per impattare il meno possibile sia nell’ambiente urbano che naturale e sono rimasto affascinato dal loro workshop partecipato, finalizzato alla costruzione di una cupola coperta e aperta all’interno di una vallata dei Monti Simbruini. Qua sotto troverete le risposte con cui Matteo Mannini, uno dei veterani di CanyaViva e fondatore di CanyaViva Italia insieme a Margherita Bertoli, si racconta ad UrbanSigns
- Quali sono i valori che “Canya Viva” vuole trasmettere e tramandare?
Vogliamo trasmettere il concetto che si può creare bellezza attraverso un materiale da molti considerato inutile, uno scarto, qualcosa di invasivo da estirpare. Vogliamo tramandare l’idea che è possibile immaginare e realizzare qualcosa di nuovo, che non sia obbligatoriamente nocivo per la natura e gli esseri umani e che non sia legato esclusivamente alle logiche del profitto.
- Che metodo di progettazione adottate per un nuovo incarico?
Progettiamo ogni struttura in maniera personalizzata, andando incontro alle esigenze del committente. Dopo un dialogo telefonico, andiamo a fare un sopralluogo per conoscere il committente e capire quale struttura possa integrarsi meglio nello spazio che ci viene proposto. Passiamo poi alla progettazione e alla modellazione 3d delle nostre strutture
- Da quando avete cominciato, come avete innovato il vostro approccio?
Siamo partiti da un approccio molto giocoso, nessuno credeva davvero di poter trasformare Canyaviva in un vero lavoro. Alla base della nostra esperienza vi è il concetto di lavoro comunitario e partecipato. Negli anni abbiamo mantenuto tutti gli aspetti legati al costruire in maniera partecipativa ma abbiamo anche reso più serio e professionale la nostra maniera di approcciarci a Canyaviva. Nel 2023 abbiamo creato il primo laboratorio stabile di costruzione in Bambù e Arundo donax presente in Italia.
- Che consigli dareste a chi volesse cimentarsi nella bioedilizia e nell’autocostruzione?
Consiglierei di non farsi scoraggiare dal mondo circostante che sembra andare in direzione diametralmente opposta. Consiglierei di fare corsi e di formarsi e scegliere la tecnica costruttiva che più gli è affine, esistono una miriade di tecniche di biocostruzione, terra, paglia, legno, bambù e mille ancora. Esplorare e formarsi!
- Raccontatemi una vostra giornata tipo.
Non so descrivertela, non abbiamo una giornata tipo ma un approccio flessibile alle giornate di lavoro.
- Nei team ci sono sempre alti e bassi, come affrontate i successi e le avversità?
La creazione di un team di lavoro è stata tra le cose più difficili e soddisfacenti. Nei primi anni il gruppo si è formato quasi spontaneamente, aggregando persone che condividevano a modo loro le stesse idee di biocostruzione, permacultura, lavoro manuale, amore per la natura. Poi negli anni abbiamo trasformato questo nostro “gioco” in un vero e proprio lavoro, e questo ha comportato anche un cambio graduale nelle logiche di team, con ruoli più strutturati e definiti. Abbiamo cercato di mantenere sempre quella bellezza di fondo data dall’aggregazione spontanea verso una passione comune, ma non è stato sempre facile.
- Nel futuro come intendete proseguire la vostra attività?
Nell’ultimo anno siamo andati incontro a notevoli cambiamenti, aprendo Canyalab, che si inserisce all’interno del network Canyaviva, abbiamo creato il primo laboratorio permanente di progettazione e realizzazione di strutture in bambù realizzate con il metodo Canyaviva. Questo ha voluto dire anche una completa riorganizzazione degli spazi, delle metodologie produttive e dei rapporti lavorativi tra di noi. Penso che il futuro sia continuare a sviluppare la tecnica costruttiva fino a rendere il nostro metodo un qualcosa di abbastanza efficiente da poter essere applicato da tutti su larga scala. Così facendo potremo uscire dalla nicchia in cui attualmente è confinata questa tecnica ed apportare un cambiamento significativo al modo in cui percepiamo e viviamo i nostri spazi ed il nostro rapporto con la natura.
2022 Palermo
Sono Roberto De Luca, un creativo dotato di sensibilità architettonica ed artistica; miro a verticalizzare e perfezionare la conoscenza del colore nella più ampia accezione possibile, per realizzare le trasformazioni che ho scritto nel 2020, evolvendole e migliorandole di pari passo con lo studio. Libri, vernici, tinture, ingredienti e luce sono i materiali ed i procedimenti che indagherò, un passo alla volta, nella scala infinita di questa ricerca teorica e pratica.